Il motore di ricerca degli studiosi di Seneca

Fra le ‘maledizioni’ di Medea (Sen. Med. 17-25)

Argomenti:

Esegesi dei versi 17-25 della MED (con difesa del testo tràdito al v. 19). Medea invoca per i suoi nemici la pena inflitta a lei: a Creonte la morte, poiché la voleva giustiziata, a Giasone l’esilio, perché a questo l’ha condannata (e l’esilio, per Medea, è male peggiore della morte); inoltre Giasone deve soffrire di ciò che affligge lei, cioè l’isolamento degli affetti: soffrirà la nostalgia della moglie e dei figli, destinati a essere come il padre e la madre, e sarà odiato e rifiutato, anche nei luoghi a lui noti. In particolare, il v. 19 è da intendersi: “il male da augurare allo sposo è qualcosa di peggio, per me, della morte: viva etc.” (è sottinteso sicuramente leto; a giustificazione del forte rilievo di mihi, forse è da sottintendere est)

Testo in latino: No
Personaggi: Creonte, Creusa, Giasone, Medea
Rivista: AUFL
Numero rivista: N.S. IV
Anno rivista: 2003
Pagina rivista: 61-77
Codice scheda: 2003.55
Parole chiave: Critica testuale, Esegesi, Mito
Opere citate: MED 13; 17-26; 28; 73; 110-14; 114-16; 170; 172; 179-80; 183-86; 190; 246-48; 295; 297-99; 451-60; 524; 541-42; 549-50; 557; 644-46; 779-80; 870-73; 933-34; 947-48; 950-51; 1026