Il motore di ricerca degli studiosi di Seneca
Personaggio: Atreo
Die dramatische Zeit in Senecas Tragödien
dall’analisi soprattutto di HFU, TRD e MED emergono alcuni connotati dell’organizzazione del tempo scenico nel teatro senecano già sperimentati dai comici e finalizzati a porre enfasi sull’azione: la percezione soggettiva del tempo da parte dei personaggi e la creazione di strutture temporali fittizie; le tecniche di concentrazione del tempo; la flessibilità di durata dell’azione, a volte palesata o ottenuta tramite il coro; il ruolo rivestito dal coro-personaggio per manipolare e incrociare successioni temporali; le variazioni del ritmo drammatico realizzate spesso per contrasto
Un incompiuto rifacimento greco dell’Agamennone di Seneca
analisi di un frammento tragico greco riconosciuto come traduzione rielaborata di una parte di GMM, confronto con l’originale senecano e con i paralleli greci, proposta di retrodatazione dal VII al V-VI sec.
Il teatro di Seneca e l’idea di rappresentazione
il teatro di S. presuppone un pubblico, più ampio di quello degli scritti in prosa e in grado di cogliere i riferimenti allusivi alla contemporaneità; la teatralità di TRG può essere dimostrata individuando le indicazioni drammaturgiche (tipologie di didascalia, riferimenti alla gestione dello spazio e alla gestualità) all’interno delle opere che risultano “testi per la scena che funzionano anche letti”
Il difficile percorso letterario degli eroi nel mito: Orfeo ed Ercole tra fragilità e audacia, poesia e filosofia
nonostante alcune differenze caratteriali, S. può legittimante accostare Orfeo ad Ercole quali eroi civilizzatori entrambi connotati come inclini al superamento dei limiti umani (riguardo all’amore, alla forza, all’ambizione, alla conoscenza) e all’incapacità di controllare se stessi; nella visione senecana, tuttavia, Ercole riesce rispetto a Orfeo a vincere il proprio egocentrismo e la fragilità caratteriale portando la sua virtus fino all’apoteosi sapienziale
Parti mostruosi : gravidanza e sovversione nella Medea e nel Thyestes di Seneca
l’uccisione dei figli perpetrata da Medea è concepita come un parto di vendetta che sovverte i suoi ruoli di madre e moglie; tramite il delitto essa regredisce nella sua identità annullando tutti gli atti compiuti in precedenza; MED condivide con THS il sovvertimento dei valori familiari, l’atrocità di un parto rovesciato, la sadica spettacolarità della vendetta che può suggerire una lettura metaletteraria
Veniet et vobis furor. Seneca tragico e la perennità del male
S. manipola e rinnova l’uso tragico del mito grazie alla sua formazione retorica;: analisi della vicenda di GMM articolata in varie linee di vendetta orientate solo al trionfo del male; il teatro di S. mette in primo piano i conflitti passionali che possono solo risolversi nell’annullamento “abissale” secondo una visione quasi nichilistica o comunque criticamente pessimistica condivisa con alcuni brani di prosa
Seneca’s Heroides: Elegy in Seneca’s Medea
l’intertestualità tra S. tragico e Ovidio è finalizzata alla resa più efficace di alcuni personaggi; S. usa alcune espressioni tratte da Ov. Her. 6 e 12 per mettere in scena la trasformazione di Medea da sposa a vendicatrice, la sua presa di coscienza dell’identità e del ruolo che verrà ad assumere nel corso della vicenda, la sua dimensione di autrice della storia; la Medea di S. perciò completa e dà sfogo a quella ovidiana
The nurse as a plot-maker in Seneca’s Phaedra
in PHD è evidente il ruolo metateatrale rivestito dalla nutrice che diventa artefice dell’azione scenica al pari del servo plautino, pur rivolgendola alla catastrofe richiesta dal genere tragico; la nutrice come il servo comico cerca di favorire la padrona e poi di proteggerne la reputazione, ma non riesce né a convincere Ippolito, né a gestire gli imprevisti (quali l’arrivo di Teseo), né a preservare la padrona dalla rovina: a differenza dei callidi servi è incapace di controllare la situazione, ma la sua responsabilità nelle vicende della trama scagiona in parte Fedra rispetto alla tragedia euripidea; status quaestionis del metateatro in Seneca tragico
Sublime del potere, potere del sublime in Seneca
assumendo una prospettiva insieme etica ed estetica il poeta, il tiranno e il sapiente possono essere considerati alla stessa stregua in rapporto alla categoria del sublime, con cui S. si relaziona dal punto di vista teorico in PST 41 e 115 e che realizza dal punto di vista artistico in THS (Atreo tiranno e poeta) e PRV 5,10-11 (Fetonte sapiens); il sapiente e il tiranno condividono il medesimo potere poietico, indifferentemente impiegabile, in maniera comunque sublime, per la distruzione caotica o per la creatività cosmica