Il motore di ricerca degli studiosi di Seneca
Parole chiave: Teatro
Drammaturgia; personaggi; rappresentabilità; scenografia
Ippolito ‘erede imperiale’: per un’interpretazione ‘romana’ della Phaedra di Seneca
A partire da una puntuale analisi dei vv. 1109-1114 della Phaedra, che prende le mosse dal confronto con Euripide e Ovidio (her. 4, 117-124), ma anche con le fonti storiche relative alla trasmissione del potere nella dinastia giulio-claudia, l’autrice intepreta la descrizione di Ippolito, definito dal Nunzio certus heres, come allusione a Nerone e alle problematiche legate alla validità della sua successione
Colloquio su Seneca
Interpretazione del v. 59 del Tieste (et quando tollet?…) con soggetto Atreo e oggetto la dextra, fondata sui rapporti intertestuali con Seneca padre (contr. 2, 3, 19) e con altre opere senecane, dall’Agamemnon (Clitennestra) alla Phaedra, al De ira (Caligola, confrontato con la testimonianza di Svetonio).
Self-Representation and Illusion in Senecan Tragedy
L’autore intende dimostrare la natura puramente fittizia del teatro senecano (ossia il suo non essere finalizzato alla rappresentazione) in base alla caratterizzazione dei personaggi e all’ambientazione, entrambi vistosamente artificiosi, come pure la rappresentazione degli eccessi del vizio spinta all’estremo (gli esempi cui dedica maggior attenzione sono i personaggi di Atreo e Medea e la coppia Ippolito/Fedra). Una simile modalità rappresentativa mirererebbe a mostrare la vanità del mondo in una prospettiva filosofica. Le reazioni che Seneca intenderebbe suscitare nello spettatore, anche attraverso spunti metateatrali, comprendono sia il rifiuto sia il piacere sadico.
Medea y lo mostruoso: tratamiento diferencial en Eurípides y en Séneca
Il mostruoso, presenza forte nella Medea di Euripide e Seneca, è trattato in misura di gran lunga divergente, in rapporto alle qualità specifiche delle due protagoniste e alle azioni che compiono; analisi delle valenze simboliche e del ruolo che rivestono
L’anteprima del Tieste di Seneca (Roma, Teatro Valle, febbraio 1953)
L’a. ripercorre criticamente il vivace dibattito che seguì l’anteprima della messa in scena al romano teatro Valle del Tieste di Seneca nella riduzione di Vittorio Gassmann (1953, 5) da parte della Compagnia del Teatro dell’Arte Italiano diretta da Luigi Squarzina e Vittorio Gasmann
Suggestioni teatrali nell’Agamennone di Seneca
Sebbene le ragioni filologiche escludano la recitazione delle tragedie senecane, la lettura dell’a. mostra che le suggestioni teatrali nel GMM sono molto forti
Sulla cronologia delle tragedie di Seneca
Sollecitata dallo studio di John Fitch (1981, 57), l’a. tenta di risalire alla cronologia delle tragedie senecane attraverso l’uso dell’enjambement in quanto strumento stilistico di potente impatto drammaturgico, segno di maturazione della tecnica versificatoria di un drammaturgo antico. L’esame delle parti in trimetri giambici delle tragedie autentiche di Seneca e la convergenza dei risultati con quelli di Fitch induce a concludere la necessità di percorrere la via degli elementi interni – nell’incertezza di quelli indiziari esterni – per una datazione almeno relativa dei drammi
L’auto-dérision de Sénèque dans sa Médée
Nella Medea Seneca sembra deridere la dottrina stoica in quanto viene pronunciata da Medea, una furens, e dalla sua nutrice, una vecchia serva paurosa, personaggi molto lontani dal saggio stoico e dal proficiens: un’autoderisione, se è vero che Seneca potrebbe celare dietro il rapporto nutrice-alumna il proprio con Nerone
The lexical expression of stage movement in Latin theatre
Nonostante nei drammi latini manchino le indicazioni di scena, nel testo dei drammi è presente un sistema codificato di verbi, preverbi e avverbi, che indicano rispettivamente le varie forme dell’entrare in scena, del muoversi in scena, dell’uscire di scena (rassegna delle locuzioni e analisi di alcuni casi specifici, spec. da Plauto e Terenzio). Tale sistema non risale ai latini ma traduce un corrispondente sistema greco. Il fatto che nelle tragedie di S. non siano presenti indicazioni di tal genere dimostra che esse fossero composte per la recitazione piuttosto che per la rappresentazione
L’elegia e i suoi confini. Fedra e Medea tra Ovidio e Seneca
Premessa di ordine generale sulla definizione del concetto di allusività in S.; Fedra, o della parenesi impossibile: l’ars della nutrice e l’analisi del retroterra letterario (confronto con Ov., Ars III, 59-70 e 79 ed altri passi elegiaci); confronto di PHD 472 ss. con Ars II, 471-472; il dialogo tra Fedra e Ippolito e il presunto rapporto con il perduto Hippolytos Kalyptomenos di Euripide; rapporti allusivi con Her., IV per segnalare al lettore la distanza tra la Fedra senecana e l’eroina ovidiana; ripresa di alcuni precetti di Ars I, 607 ss.; la ripresa distorta in PHD del topos del “servitium amoris”; ripresa straniante del motivo delle lacrimae fictae di Ars I; 659-663 e III, 673-678 in PHD; il modello ovidiano della Lucrezia del secondo libro dei Fasti deformato nella finzione di Fedra; il problema del rapporto tra MED e la perduta Medea di Ovidio; significato del lungo epitalamio cantato dal coro in MED 56-115: per elementi stilistici e lessicali si contrappone alla preghiera iniziale di Medea, allude ai motivi successivi della tragedia e risente dello spunto offerto da Her. XII, 137-152; “color Ovidianus” in MED 116-149; la figura di Medea “tigre” e maga e gli archetipi ovidiani